Tutti col dito puntato. 2ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

Giovanni Battista punta il dito verso l'Agnello di Dio

Solo per rivelazione del Padre possiamo riconoscere in Gesù l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo e puntare il dito per indicarlo agli uomini.

Letture: Is 49,3.5-6; Sal 39 (40); 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34

Siamo entrati nel Tempo Ordinario, ma la Liturgia profuma ancora di Epifania; infatti, nella seconda domenica di questo tempo che celebra il quotidiano, le letture ci portano a completare – con un terzo ed ultimo passo – la completa manifestazione (questo è il significato di Epifania) di Dio che si è fatto uomo.

La “terza Epifania”

Come dicevo già nell’introduzione al commento di domenica scorsa, dopo il racconto dei Magi e il Battesimo di Gesù (le prime due manifestazioni) si vede una terza “epifania” nel segno/miracolo di Gesù alle nozze di Cana.

Il brano di quello sposalizio – però – è proposto solo nel ciclo liturgico “C”. Nell’anno “A” (quello corrente) e nell’anno “B” il Lezionario ci propone due brani dell’evangelista Giovanni dove il Battista indica Gesù come l’Agnello di Dio.

Cosa vuol dire conoscere Gesù Cristo?

Ciò che mi ha colpito di questo brano, è che il Battista ripete per due volte «io non lo conoscevo».

Ma non erano cugini (o qualcosa di simile)?

Ricordo dai miei studi biblici che qualche esegeta ha teorizzato addirittura la probabilità che Gesù e Giovanni avessero condiviso per un certo tempo un’esperienza (o una vicinanza) con la comunità degli Esseni, a Qumran.

In ogni caso erano contemporanei, e dovettero incrociarsi qualche volta prima dell’incontro al Giordano di cui ci parlano i Vangeli. Eppure Giovanni afferma che «non lo conosceva».

Evidentemente – anche se Giovanni Battista fosse cresciuto con Gesù di Nazareth e ci avesse giocato a palla per anni – questo non sarebbe bastato.

Non è questa la vera conoscenza di Cristo. Non è una conoscenza umana.

Nessuno conosce il Figlio se non il Padre

Giovanni dice «non lo conoscevo», ma ora afferma con sicurezza di sapere chi è quel Gesù che gli viene incontro, e lo indica con certezza a chi gli sta attorno (prima alla gente e il giorno dopo a due dei suoi discepoli).

E lo descrive in un crescendo di titoli messianici da “stendere al tappeto” qualsiasi Professione di Fede.

Come ha fatto? Quale trasformazione è avvenuta in lui? Lo dice lui stesso:

«Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”».

Si avvera in Giovanni quello che dirà Gesù:

«nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27).

C’è solo un modo per conoscere Dio: attraverso Gesù. E c’è solo un modo per conoscere Gesù (per quello che è veramente): per dono e rivelazione del Padre.

E questa rivelazione il Padre la fa solo a chi Lo vuole conoscere veramente, a chi non si accontenta di una conoscenza superficiale.

Nessuno riconosce Cristo se non per l’azione dello Spirito Santo

Anche il Battista, se si fosse fermato a quanto sapeva umanamente di Gesù, avrebbe potuto dire come la gente di Nazareth:

«Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?» (Mc 6,3)

Invece ora lo riconosce come «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», «colui su cui è si è posato ed è rimasto lo Spirito», «il Figlio di Dio».

Anche Giovanni è stato investito dallo stesso Spirito. Ed è proprio lo Spirito che lo fa profetizzare. Infatti san Paolo dirà:

«nessuno può dire: “Gesù è Signore!”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1Cor 12,3).

Ma occorre sempre rimanere disponibili all’azione dello Spirito Santo per conoscere e incontrare veramente Cristo. La fede (e la professione della fede) non è una cosa che si risolve una volta per sempre. Va rinnovata ogni giorno, perché è sempre messa alla prova.

Giovanni stesso vivrà questa prova in futuro (nella 3ª Domenica di Avvento ci siamo imbattuti in un Battista in crisi, confuso di fronte ad un tipo di Messia che non si aspettava, diverso da come lo aveva annunciato).

Quante dita puntate…

Quante persone al giorno d’oggi pensano di sapere chi è Gesù, chi è Dio. E quanti pensano di avere la verità in tasca e di poterla/doverla propinare a tutti. Opinionisti, politici, giornalisti… e anche noi chierici, purtroppo!

Ma in verità chi agisce così non ha mai incontrato Dio di persona, non ne ha fatto l’esperienza, perché non si è mai lasciato plasmare dallo Spirito Santo.

Sono i falsi profeti dei nostri giorni (e di tutti i tempi), quelli da cui Gesù stesso ci ha messo in guardia:

«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!» (Lc 21,8)

Mi viene in mente il clamore mediatico che di giorno in giorno alza polveroni su quello che avrebbe detto il Papa emerito al Cardinal Sarah, su quello che avrebbe detto Papa Francesco sull’omosessualità etc…

Insomma, tutti a pontificare su quale sia l’esatta interpretazione del Vangelo, pensando di poter dire: «io ho la verità in tasca».

Il Vangelo è Cristo: è Lui la Verità

La Verità è una sola: è Cristo! Ma l’errore che tutti fanno è quello di quel famoso proverbio cinese:

«quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito».

Tutti stanno a cercare “l’uomo forte”, l’ultimo “messia” che salverà il mondo, che sia un nuovo capo politico o il più illuminato dei filosofi… Nessuno ricorda che il mondo è già stato salvato, da Cristo, che – appunto – è «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo».

Anche noi siamo chiamati a puntare il dito… verso Cristo

Tutti siamo chiamati a conoscere Cristo personalmente. E c’è solo una via per poterlo conoscere, quella che dicevamo prima: metterci docilmente a disposizione dell’azione dello Spirito, che il Padre ci dona per poter riconoscere Suo Figlio presente in mezzo a noi.

E una volta conosciutolo personalmente, siamo chiamati a nostra volta a diventare un dito puntato per indicarlo agli altri. Lo ha fatto il Battista e – “imboccati” da lui – lo hanno fatto anche i suoi discepoli (è il vangelo del ciclo “B”, che vi riporto quasi per intero, perché è stupendo):

«Il giorno dopo Giovanni [Battista] stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù… Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù» (cfr Gv 1,35-42).