Nell’angoscia invoca il Signore
Sull’esempio dei profeti e di Gesù, quando ci troviamo nell’angoscia e nell’ingiustizia, siamo invitati a invocare il Signore e abbandonarci a Lui.
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Sull’esempio dei profeti e di Gesù, quando ci troviamo nell’angoscia e nell’ingiustizia, siamo invitati a invocare il Signore e abbandonarci a Lui.
Prostrarsi con la faccia a terra è un gesto che non appartiene alla nostra cultura, ma ci insegna l’atteggiamento necessario alla preghiera: l’umiltà.
Dalla supplica di Azaria possiamo imparare che se possiamo rivolgerci con fiducia a Dio è solo per amore del Suo nome e per la Sua fedeltà.
Quando nelle preghiere dei fedeli diciamo «Ascoltaci, Signore», diventiamo la voce e la supplica di tutti i giusti perseguitati.
La vergogna collettiva è il sentimento che potrebbe aiutare noi cristiani a recuperare il senso del dovere evangelico di essere «lievito nella pasta».
Il Signore confida nell’efficacia della Sua Parola pur conoscendo la nostra impermeabilità alla Sua voce e la nostra poca fiducia in Lui.
«Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?». Lo stupore invade il cuore di Salomone e diventa preghiera davanti a un Dio che si fa “piccolo”.
Il luogo più importante del ministero di Gesù è “altrove”: non fermo in casa ad aspettare, ma sulle strade del mondo, sempre in cerca dell’uomo.
Solo se confidiamo nel Signore e – come Davide – ci mettiamo dietro il Suo scudo con umiltà potremo vincere ogni battaglia e anche la guerra contro il male.
Sant’Agostino diceva che «chi canta prega due volte», ma io dico che chi piange davanti al Signore trafigge il Suo cuore compassionevole e lo “disarma”.