Sia come Betania il nostro cuore. 16ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

Betania

Ai piedi del Maestro, per ascoltarlo con pazienza. Il nostro cuore diventi Betania: un rifugio per Gesù e per noi

Letture: Gen 18,1-10; Sal 14 (15); Col 1,24-28; Lc 10,38-42

Il Maestro si è diretto ormai risolutamente verso Gerusalemme (cfr il vangelo della 13ª Domenica del T.O.) e sta per affrontare il momento cruciale della sua vita.

Venuto dalla semplicità di uno sperduto villaggio della Galilea, ha già ricevuto più volte la conferma che Gerusalemme, la grande città, «uccide i profeti e lapida coloro che Dio gli invia» (cfr Lc 13,34).

E l’ha già preannunziato senza giri di parole anche ai suoi amici più stretti (cfr Lc 9,22 e 9,44).

Ora che sta salendo per l’ultima volta a Gerusalemme a compiere definitivamente la sua missione, ha bisogno di pace, di amicizia, di accoglienza.

Bisogno di affetto

Quante volte anche noi facciamo esperienza di questo bisogno!

Durante l’anno, scendendo dal nostro tranquillo paesello alla grande città per recarci a lavorare o a fare commissioni, ci troviamo immersi in frenesie, rumori assordanti, cattiverie, ingiustizie, intolleranze, indifferenze insopportabili che feriscono il nostro cuore…

È allora che sentiamo forte il bisogno di rifugiarci negli affetti più famigliari, nelle amicizie più vere e sincere.

…e di riposo del cuore

Abbiamo bisogno di riposare fisicamente, mentalmente e “affettivamente”.

Ma la pagina di vangelo di questa domenica ci ricorda che abbiamo ancor più bisogno di far riposare il nostro cuore nella Sua Parola.

Perciò, risuona forte anche per noi la parola di Gesù:

«tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno».

Siamo uomini e donne del “fare”

Da buoni bergamaschi, siamo soprattutto uomini e donne del “fare”, e anche quando ci sentiamo scoppiare e giungere al limite delle nostre forze, pensiamo a come organizzare le ferie (e purtroppo – poi – a viverle) nello stesso identico modo: assillante e frenetico.

Anche nel nostro essere cristiani impegnati nella Comunità a volte siamo così: pensiamo che per essere “buoni parrocchiani” occorra “fare tante cose”.

Non che il darsi da fare sia una cosa negativa – ben inteso – ma rischiamo anche noi di fare lo “sbaglio” di Marta: Gesù non la rimprovera perché si sta dando da fare (anche perché – se no – chi prepara da mangiare per rendere “visibile” e concreta l’ospitalità?), ma perché si sta agitando, si sta affannando.

L’affanno “disfa” il cuore

Invece Gesù vorrebbe che anche lei – come la sorella Maria, seduta ai suoi piedi – potesse godere delle Sue Parole di Vita. Gesù la invita a far riposare – se non il corpo (che è «distolto per i molti servizi») – il proprio cuore.

L’affanno rischia di “disfare” il nostro cuore, e di erodere dentro di noi la fiducia nella Provvidenza di Dio. Da questo il Signore ci mette in guardia (consiglio di leggere – nella vecchia traduzione CEI del 1974 – il brano di Matteo 6,25-34, dove la raccomandazione di non affannarsi torna ben quattro volte).

Affidare al Signore i nostri affanni

Il Signore ci salva dai nostri affanni, offrendosi come rifugio sicuro nel momento della prova e della fatica. Mi vengono in mente le bellissime parole del Salmo 55:

«Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli».

E anche a noi, come ai Suoi discepoli appena tornati dalla missione, dice:

«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31).

Gesù vuole farci riposare non solo nel corpo, ma soprattutto nel cuore. E ci insegna che l’ascolto della sua Parola è il luogo del nostro riposo, perché la Sua Parola è spirito e vita (cfr Gv 6,63).

Prima di tutto occorre ascoltare

Dopo aver raccontato la parabola del buon Samaritano e averci suggerito come si diventa “prossimo” dei nostri fratelli, Gesù ci raccomanda di non cominciare subito ad “agitarci”, perché prima di tutto occorre l’ascolto paziente della Sua Parola.

Prima di essere “apostoli” (mandati come missionari del vangelo) dobbiamo essere (e continuare sempre ad essere) “discepoli” (alunni del Maestro che ci istruisce, che ci plasma).

Solo dall’ascolto attento e profondo della sua Parola nasce la capacità di andare dai fratelli, farci loro prossimi e servirli. L’azione caritatevole nasce dall’ascolto. E non c’è ascolto vero che non sfoci poi nel servizio della carità verso il prossimo.

Anche Dio ha bisogno di riposare in noi

Ma la cosa stupenda di questa pagina di vangelo è la reciprocità: Gesù offre riposo a Maria, Marta (e Lazzaro) proprio nel momento in cui Egli stesso era venuto a cercare ospitalità nella loro casa.

Un po’ come nella sublime pagina dell’incontro con la Samaritana, che inizia con Gesù che chiede da bere ma finisce rivelandosi Egli stesso come la «sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Mentre dà ospitalità al nostro cuore affannato, accarezzandolo e abbracciandolo con le sue Parole di Vita, Egli rivela a noi il suo misterioso bisogno della nostra ospitalità e amicizia.

Secondo antiche letture del Talmud, Dio avrebbe creato l’uomo perché si sentiva solo…

Cito qui un bel passo chassidico riportato da Martin Buber:

Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: “Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui: “Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare”.

(M.Buber in Il Cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose)

È bello scoprire che Dio non solo può guarire il nostro bisogno di compassione e consolazione, ma che – allo stesso tempo – cerca in noi lo stesso dono. E qui sgorga nuovamente dal cuore uno dei passi dell’Apocalisse ai quali sono più affezionato:

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Dio cerca in noi la sua Betania

Potesse la nostra piccola vita diventare come la casa di Betania! Potessimo dire al Signore «Se vuoi, se ti va, la mia casa è aperta, fermati a mangiare un boccone e a chiacchierare un po’…»

Se potessimo metterci con calma ai Suoi piedi, nella “Betania” del nostro cuore, ad ascoltarlo con pazienza, senza nessuna fretta di andare via, di fare cose…

Ascoltare il Signore vuol dire uscire da se stessi, dalle proprie preoccupazioni per accogliere la Sua Parola.

Dio entra per invitarci ad uscire.

Anche il sole splende su tutto, ma se noi teniamo chiuse le ante delle nostre finestre, nella nostra casa non entra alcuna luce! Dobbiamo aprire le “tapparelle” del nostro cuore e allora saremo come Maria, inondati dalla Luce che è Cristo.

Troviamo nelle nostre ferie il tempo indispensabile per trasformare il nostro cuore nella Betania dell’incontro con Gesù!