Non c’è più tempo. 26ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

non c'è più tempo

Non possiamo sempre voltare la faccia dall’altra parte, dicendo «ci penserò, c’è tempo»… perché ora di tempo non ce n’è più! Gesù ci ha avvisati

Letture: Am 6,1.4-7; Sal 145 (146); 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

Sono diverse domeniche che il Vangelo batte sul chiodo della ricchezza.

In particolare con le tre parabole contenute solo nel vangelo di Luca: del ricco stolto (ascoltata nella 18ª Domenica del T.O.), dell’amministratore disonesto (ascoltata domenica scorsa) e – quella di oggi – del ricco epulone.

L’abbiamo detto più volte: Gesù non ce l’ha con la ricchezza.

Ci mette vuole mettere in guardia da un rapporto sbagliato con essa:

«Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15).

Come un flashback

Se dovessimo ascoltare la pagina odierna e poi la pagina delle beatitudini nella versione del nostro Luca (che in realtà si trovano al capitolo 6), otterremmo quello che nella cinematografia si chiama flashback.

Si anticipa – cioè – la scena finale all’inizio della pellicola, prima di sviluppare la trama, per creare suspense.

Se nelle beatitudini Gesù proclamava delle promesse (per i poveri, gli affamati e i tristi) e dei “guai” (per i ricchi, i sazi e i bontemponi), qui si intravede chiaramente l’esito ineluttabile del non aver ascoltato quei moniti.

Potremmo mettere le due pagine una a fianco all’altra (quasi a specchiarsi) per renderci conto in modo chiaro di questa cosa:

«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.

 

«Un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco…

Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete».

 

Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolatotu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi»

È come se Gesù ci dicesse: «vi sto mettendo in guardia continuamente, ma – se non mi ascoltate – sappiate che la fine è questa».

Non potete continuamente dire «è vero, hai ragione, dobbiamo fare qualcosa…» e programmare all’infinito la data della vostra conversione, senza mai attuarla concretamente, perché prima o poi sarà troppo tardi.

Time is now – Il momento è adesso

Per questo ho scelto come immagine di copertina il confronto tra Greta Thumberg e Donald Trump di questi giorni all’ONU.

Da una parte le lacrime e lo sconforto di chi ha capito che ormai è troppo tardi.

Dall’altra la saccente indifferenza (e l’irrisione) del potente della terra che continua per la sua strada e trascina con sé l’umanità nel baratro, come se non ci fosse un domani.

Con i dovuti “distinguo” (non volendo certo fare della piccola attivista svedese un novello Messia), mi si affaccia alla mente lo sconforto di Gesù sul finire del suo ministero pubblico:

Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc 19,41-44).

Noi siamo abituati a campare di proverbi, e uno di questi è «C’è più tempo che vita», come a sottendere che si è sempre a tempo a fare qualcosa, che non vale la pena di agitarsi.

Ma quando si tratta della vita – la nostra e quella del mondo intero – occorre invece adottare l’altro proverbio: «chi ha tempo non aspetti tempo».

Perché – che lo vogliamo ammettere o no – ormai non c’è più tempo, anzi: è troppo tardi.

L’altro giorno in TV, uno scienziato affermava che – se anche dovessimo fermare adesso tutte le emissioni di CO2 – il processo di surriscaldamento globale andrebbe avanti per altri vent’anni prima di invertire la rotta…

Praticamente siamo spacciati!

Ha ragione o no a scoppiare in un pianto nervoso la piccola Greta quando sente dire «alcuni Stati Membri delle Nazioni Unite sono d’accordo per arrivare all’azzeramento delle emissioni entro il 2050…»?

«Cosa ci posso fare io?»

Quando ci si parano davanti problemi mondiali (come quello degli effetti catastrofici del cambiamento del clima) si esce sempre con questa frase: «Non sono mica il Presidente degli Stati Uniti, cosa ci posso fare io nel mio piccolo?»

E invece è proprio nelle piccole scelte di ciascuno di noi che ci si avvia ad un’inversione di tendenza.

Se tutti chiudessero l’acqua mentre si insaponano sotto la doccia o si sfregano i denti con lo spazzolino…

Se tutti spegnessero le luci in quegli ambienti di casa in cui non c’è nessuno…

Se tutti prendessero la bicicletta anziché la macchina per andare al lavoro a due isolati da casa o camminassero fino all’edicola o al bar per il giornale e il caffè anziché lasciare un potente SUV acceso e posteggiato in seconda fila…

Se tutti acquistassero prodotti sfusi (e non confezionati in tonnellate di plastica) e – soprattutto – facessero una vera ed efficiente raccolta differenziata…

Tante piccole gocce fanno un oceano.

Dalla salute alla salvezza

Ma torniamo a noi, perché non siamo partiti con l’intento di parlare di cosa possiamo fare per salvare l’umanità dal disastroso declino verso cui si è avviata.

Ma in latino il termine salus significa sia “salute” che “salvezza”.

E se questi argomenti sulla salute (nostra e del pianeta) non ci fanno né caldo né freddo, aveva proprio ragione Gesù nel concludere (domenica scorsa) con queste parole:

«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?» (Lc 16,10-12)

Se non siamo capaci di badare alla nostra salute fisica e mentale, dicendo ogni giorno «domani mi metto a dieta, domani smetto di fumare»…

Se giriamo ogni volta la faccia dall’altra parte come Trump (e tanti altri negazionisti) di fronte ai tanti moniti della scienza, fatti propri ormai da milioni di ragazzi e giovani che hanno aderito ai Fridays for Future

Se continuiamo a crogiolarci nel benessere senza mai rinunciare a nulla, se ci abbuffiamo (non solo di cibo) fino a stare male, guardando annoiati le immagini di poveri disperati che annegano nei nostri mari…

Se… se… se… Come potremo mai occuparci della salvezza della nostra anima?

E infatti il pensiero dell’aldilà e della vita eterna sono tanto obnubilatati e anestetizzati quanto le preoccupazioni per il futuro del pianeta.

I nostri nonni dicevano che «quando la pancia è troppo piena, il cervello non funziona».

Una frase (e un’opera d’arte) più nobile dice che «Il sonno della ragione genera mostri».

Crediamoci: non c’è più tempo!

«Neanche se uno tornasse dai morti…»

«Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Questa è la frase più tremenda, non solo del brano di oggi, ma – credo – di tutto il Vangelo.

Gesù ci sta dicendo che il nostro turarci le orecchie, il nostro non voler ascoltare e prendere sul serio la sua Parola (e tutti i suggerimenti che lo Spirito Santo cerca di dare all’umanità intera per guidarla verso un orizzonte di pace e salvezza), sta rendendo vana la sua morte in Croce e la sua Risurrezione.

Non possiamo dire «Credo in Gesù Cristo, morto e risorto per noi» se poi continuiamo a vivere come se Lui – la Parola vivente – non si fosse fatto carne per offrire la sua vita sulla Croce!