Tirar giù il cielo in terra. Assunzione della Beata Vergine Maria

Il cielo in terra

Letture: 1Cr 15,3-4.15-16;16,1-2; Sal 131 (132); 1Cor 15,54-57; Lc 11,27-28 (Messa della vigilia)
Ap 11,19; 12,1-6.10; Sal 44 (45); 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56 (Messa del giorno)

Nella riflessione dell’anno scorso avevo preso spunto dalla solennità odierna per riflettere sul nostro destino eterno, e in particolare sulla fede cristiana nella risurrezione della carne.

Quest’anno vorrei contemplare e imitare Maria nella sua capacità di “tirar giù” il cielo in terra.

Cosa intendo dire con questa strana espressione?

Il cielo tocca la terra

Nella 15ª, 16ª e 17ª Domenica del Tempo Ordinario abbiamo ascoltato diverse parabole, che ci hanno fatto capire che il Regno dei cieli non è un luogo posto fuori dallo spazio e dal tempo, quasi irraggiungibile, ma è una realtà già presente e viva.

Dall’incarnazione di Gesù, il Regno è stato “piantato” in mezzo a noi, come un seme, e sta crescendo, inesorabilmente.

Come diceva Gesù all’inizio della sua predicazione:

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (cfr Mc 1,14).

Fin dall’inizio del mondo

Per la verità, chi ha una certa famigliarità con la Sacra Scrittura, sa bene che non bisogna attendere l’avvento di Cristo perché “il cielo” tocchi la terra…

Fin dal primo istante della Creazione, Dio non ha riservato il Cielo tutto per sé, anzi! Egli aveva creato il Paradiso proprio per l’uomo, e gliel’aveva affidato (cfr Gen 2,15)! Il Cielo è la casa naturale dell’uomo, fin da sempre!

E anche dopo la “cacciata” seguita al peccato originale Dio non ha smesso di tenere l’uomo sotto il Suo paterno sguardo, non per “controllarlo”, ma per vegliare su di lui, e custodirlo con Amore.

Dal momento stesso in cui Dio ha posto l’uomo sulla terra, non ha mai smesso di «affacciarsi dal cielo» (cfr Sal 14,2), così da “non perdere di vista” le Sue creature.

Quante volte, dal Cielo, Dio ha chiamato l’uomo, a ricordargli che là è la sua casa…

Sia nei momenti brutti (Caino dopo l’assassinio di suo fratello) che in quelli più belli (Noè per costruire l’arca e poi ricominciare una nuova umanità, Abramo destinatario della promessa di una innumerevole discendenza, Mosè per liberare il Suo popolo…).

Ma lo sa solo chi crede

Certo, per riuscire a percepire il cielo in terra (ovvero che Dio continua a prendersi cura delle Sue creature) occorre uno sguardo credente, come quello del Salmista, che canta:

«O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza…
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?»
(cfr Sal 8).

Non certo lo sguardo dello stolto, che – invece – dice: «Dio non c’è» (cfr Sal 14,1 e Sal 53,2). Insomma, si può vivere «senza Dio» per scelta (cfr Ef 2,12 e 2Pt 2,6), e allora non c’è storia: anche se il Cielo è sceso sulla terra, chi non ne vuole sapere non lo troverà mai.

Oppure si può vivere sapendo e credendo fermamente che il Cielo tocca la terra, che Dio non è lontano o assente.

Maria aveva lo sguardo credente, capace di vedere Dio all’opera in ogni cosa.

Maria è la donna col cielo nel cuore.

Donna de Paradiso

La Liturgia oggi ci fa contemplare Maria che in cielo ci è arrivata con tutta se stessa, in corpo e anima.

Ma – come dico sempre – la Madonna e i Santi non sono in cielo come degli “extraterrestri”: ci sono arrivati pian piano, e sono là perché li imitiamo e li raggiungiamo, credendo che tale cammino è possibile e fattibile anche per noi!

Prima di arrivare in cielo, anche Maria e i Santi erano qui, sulla terra. Anche loro erano creature, in carne ed ossa come noi, e hanno affrontato le stesse fatiche che aspettano noi.

Questa è una considerazione fondamentale, che tante volte dimentichiamo volutamente, per trovare una scusante («eh, va be’… ma loro sono Santi!»… come se loro fossero “nati santi”!).

Il titolo che ho scelto per questo piccolo paragrafo (Donna de Paradiso), è quello di una famosa Lauda di Jacopone da Todi. Preso così – ci farebbe pensare solo alla gloria di Maria: invece il testo è la rappresentazione – sotto forma di dialogo sacro – degli ultimi momenti drammatici della vita di Cristo.

Per dire cosa? Che in Cielo non ci si arriva in carrozza, ma si passa necessariamente attraverso le fatiche di questa terra.

Vivere il cielo in terra…

La prima lettura della Messa del giorno ci presenta Maria come

«una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle»

ma allo stesso tempo ci dice che

«era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto…
un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna… si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito».

Il passo dell’Apocalisse – quindi – allude, sì, alla gloria di Maria, ma allo stesso tempo ci mostra il suo travaglio, la sua continua lotta contro le potenze del male.

Non a caso i Padri della Chiesa hanno visto in questi testi non solo la raffigurazione della Madonna, ma anche – insieme con lei – di tutta la Chiesa, che continua la sua lotta contro il male.

La Chiesa è santa e peccatrice: vive della santità del Cielo (già realizzata in Maria e nei Santi) ma continua il suo faticoso cammino su questa terra.

Dalla millenaria devozione popolare, sappiamo che Maria continua ad intercedere per noi dal cielo, ovvero che non se ne sta “su” tranquilla e beata a far nulla: ella ha scelto (come dirà diversi secoli dopo Santa Teresina di Lisieux) di «trascorrere il suo Paradiso a fare del bene sulla terra».

…e la terra in cielo

Ma se adesso Maria sta trascorrendo il suo Paradiso qui in terra, è perché – quando era su questa terra – ha trascorso la sua vita terrena «in Paradiso».

Cosa voglio dire?

Maria ha vissuto giorno per giorno la sua vita con sguardo credente, avendo ben presente che Cielo e terra si toccano, che Dio non smette di essere vicino alle Sue creature e agisce continuamente nella storia.

Tutte le opere d’arte che rappresentano l’Annunciazione raffigurano Maria in atteggiamento di preghiera: è perché Maria era in profonda comunione con Dio che ha potuto intuire il saluto dell’Angelo e rispondervi.

È perché credeva profondamente alla continua opera di Dio su questa terra che ha accolto con fede le parole

«Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35).

È perché aveva già non solo “un piede”, ma tutto il suo cuore in Cielo, che cantava con fede e senza ombra di superbia:

«D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 2,48b).

È per la sua fede salda e la forte consonanza al cuore stesso di Dio che – alle nozze di Cana – spinse il Figlio a compiere il suo primo Segno, dicendo ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (cfr Gv 2,1-12).

Maria ha vissuto ogni attimo della sua vita terrena da «figlia del Regno», ben sapendo di essere chiamata e destinata al Regno di Dio, e che questo Regno va nutrito e fatto crescere giorno per giorno, facendo in modo che la propria volontà e quella di Dio coincidano.

Se c’è una persona al mondo che ha saputo rendere vere ogni giorno le parole «sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra», questa è proprio Maria. In lei Cielo e terra si toccavano costantemente!

Questo il senso del brevissimo brano evangelico che ci è proposto nelle Letture della vigilia:

«mentre Gesù parlava alle folle, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!“» (Lc 11,27-28).

Maria è beata non perché ha portato in grembo il Figlio di Dio, ma anzitutto perché ha fatto entrare il Cielo dentro di sé quando ha accolto la Parola, il Verbo eterno, e con il suo «Eccomi», e gli ha dato modo di piantarsi nella sua vita come un seme e di crescere.

Il Cielo ha trovato casa sulla terra nel grembo e nella vita di Maria.

Tirare giù il cielo in terra

Allora abbiamo capito cosa ci insegna oggi Maria: l’Assunzione non è un evento che accadrà un giorno, chissà quando, alla fine della nostra vita terrena (magari sperando che sia il più tardi possibile).

Ascensione è tutti i giorni!

Ascenderemo – quel giorno – solo se avremo iniziato a “salire su”, un poco alla volta, ogni giorno, come ha fatto Maria.

Alla fine della nostra esistenza terrena non andremo in cielo se non l’avremo “tirato giù”, qui su questa terra, giorno dopo giorno, parola dopo parola, azione dopo azione, vivendo da «figli del Regno».

Come si fa?

Anzitutto ascoltando e mettendo in pratica la Parola di Dio, come ha fatto Maria.

E poi usufruendo di tutti i mezzi spirituali che il Signore ci ha lasciato: i Sacramenti, anzitutto la Santa Confessione.

Altrimenti, come possiamo “alleggerire” il nostro cuore e la nostra vita da tutti i pesi che ci tengono ancorati saldamente alla terra?

Come potremo mai essere assunti in cielo se continuiamo a sprofondare nelle pesantezze delle nostre abitudini?

Che poi, a “tirare giù” il cielo in terra ci pensa il Signore, che non ha altro desiderio:

«Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo» (Gv 17,24).

A noi resta solo il compito di lasciarci “tirare su”, liberandoci – appunto – da ciò che è di peso.

Guardiamo Maria e i Santi, perché la loro sorte di gloria è riservata anche a noi, ma non stiamo con le mani in mano; facciamo ogni giorno la volontà di Dio, facciamo che anche in noi Cielo e terra si tocchino:

«Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria» (Col 3,1-4).